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FEBBRAIO 2014 - A VOXE DU CAMPANIN

01.02.2014 22:09

CITTADINI DA RICORDARE: DON GIUSEPPE VARALDO

Continuando nelle nostre segnalazioni di concittadini che meritano di essere ricordati per l’esempio che ci hanno lasciato nei campi più diversi del loro operare, evidenziamo in questo numero del Giornalino (in concomitanza con la data della sua morte, avvenuta il 16 febbraio 1947), il Sacerdote Giuseppe Varaldo, Canonico della Collegiata di S. Ambrogio in Varazze e Rettore del Santuario dedicato alla SS. Trinità (S. Caterina), simpatica figura di uomo e sacerdote molto attivo in campo civile, caritatevole e religioso. Il suo nome resta legato ad un fatto svoltosi nel torbido periodo dell’occupazione nazista e della Repubblica di Salò. Infatti, i militi della San Marco, acquartierati nella villa Ottolenghi in località Valli (confiscata al proprietario Manuelin, ebreo, persona ben nota e benvoluta), avevano arrestato tale Testa (meglio conosciuto come “Gamba dùa”), uomo che spesso protestava ad alta voce contro la precaria situazione e contro gli occupanti, decidendo di fucilarlo. Il canonico Varaldo accorse immediatamente al comando repubblichino e offrì la sua vita in cambio del Testa e tanto disse e fece che riuscì a salvare il Testa e anche se stesso, esempio luminoso di altruismo e di autentico pastore cristiano che merita tutto il nostro plauso, soprattutto considerando i tempi bui in cui tale gesto venne compiuto, quando il tacere o, addirittura, il denunciare, erano prassi normale. Eguale, forte testimonianza, fu data, in analoghe circostanze, dal Parroco don Francesco Calandrone (come riportato in precedenti servizi). Evidentemente S. Ambrogio continua nei secoli a inculcare nei suoi Pastori la pace, indifferente alla violenza e alla sopraffazione.

O TÈRRAMOTU DE L’ÖTANTASÈTTE

Nelle nostre ricerche storiche abbiamo scovato, in dialetto sanremasco, un poemetto in endecasillabi scritto da Nadar Herzeig (Andrea Gherzi) e curato da Pio Carlo, riesumato nel 1987 dall’associazione “Famija Sanremasca” consorella de U Campanin Russu , in occasione del centenario del terribile terremoto che sconvolse soprattutto la riviera di ponente e i cui effetti si sentirono anche a Genova, Savona, Varazze e nel sassellese. Per quanta riguarda Varazze non abbiamo avuto segnalazioni di vittime, ma si racconta che per parecchio tempo i varazzini preferirono dormire sulla spiaggia (per fortuna al terremoto non seguì il maremoto…) L’autore, con struggente vena poetica, ha voluto lasciarci una dettagliata descrizione del sisma, della quale riportiamo la prima quartina (sarebbe troppo lungo e di non facile lettura il poema). “U vintitrei de frevà,/ versu sei ure e vinti de mattin,/ mentre ch’u l’acumensava a arbezzà/ (caicün durmiva ancù fra dui cuscin/ a terra a l’a tremau cun forsa tale/ che mai in Rivèira s’èira intèesa egale”./ Il racconto in versi continua descrivendo le fughe precipitose, i crolli, le vittime rimaste sotto le macerie, quasi una vera e propria cronaca del disastroso evento, non tralasciando tuttavia le rime in endecasillabi, il chè ne fa un’opera, oltre che divulgativa, di squisita cultura popolare. Per inciso, le vittime furono ben oltre un migliaio, fra morti e feriti. Bussana fu rasa al suolo e non più ricostruita (col tempo è diventata un villaggio di artisti), Baiardo ebbe oltre 300 morti, Savona 11, Noli 15, Albisola 2, Porto Maurizio 1, ma la più colpita fu Diano Marina con oltre 500 vittime e un terzo della città distrutto (infatti è una delle località più moderne della Liguria). Intervenne il Regio Esercito che issò una enorme tendopoli a Savona, in piazza Umberto I, dinnanzi alla stazione ferroviaria La ferrovia fu praticamente la sola via di comunicazione efficiente che permise rapidi interventi, dato che le strade risultarono sconvolte in più tratti. Una pagina dolorosa, quella scritta il 23 febbraio 1887, che ci fa riflettere sul modo di costruire in zone sismiche. Anche in questo contesto la Liguria non ha fatto progressi, come denunciato da ripetute analisi degli organismi di tutela del territorio.

QUELLA CORRENTE CHE ARRIVA DA LEVANTE…

Ad intermittenza, ogni qual volta si verificano forti piogge, soprattutto nel levante, la spiaggia di Varazze e di altri centri del ponente, viene “visitata” da considerevoli masse di legnami e di arbusti di ogni genere, strappati evidentemente dai corsi d’acqua della riviera di levante e trasportati sui nostri lidi. Il fenomeno risente della cattiva manutenzione dei suddetti corsi d’acqua, la cui pulizia lascia indubbiamente a desiderare e, in secondo luogo, dalla ben nota corrente marina che volge da levante a ponente (ricordiamo il caso della contessa Vacca che da Portofino fu ritrovata sulla Costa Azzurra), per cui si ritorna, come nel passato, a dover sollecitare una politica di vigilanza regionale che affronti il problema alla sua radice, con la messa in ordine dei numerosi torrenti e torrentelli del levante (ma anche del ponente, per essere giusti…), onde evitare il ripetersi dell’arrivo sgradevole della “rumenta” sulla nostra spiaggia. Un gravoso lavoro di pulizia è stato eseguito nel mese di dicembre del 2013, quando cittadini e ospiti si sono ritrovati ad “ammirare” tonnellate di rifiuti spiaggiati a ridosso delle festività natalizie, poi eliminati con non poca fatica. Eguale “sorpresa” si è avuto in gennaio. Non è una fatalità, ma l’incuria degli uomini. Facciamo sentire la nostra voce in Regione. La riviera vuole e deve avere un volto il più pulito possibile, almeno sulle sue spiagge. Si tratta del suo biglietto da visita, uno degli ultimi…Non gettiamolo nel cestino dell’indifferenza e dell’abbandono. Alla luce di quanto sopra, e dopo le reiterate proteste e apprensioni, pare che qualcosa si muova e che la Regione dia al via a sistemi diversificati per eliminare la massa di legname e arbusti spiaggiati, parte della quali potrà essere prelevati da privati, mentre il resto, opportunamente selezionato, sarà inviato a centri qualificati per la trasformazione in materiale combustibile atto a ricavarne energia.

REIMPARIAMO L’ITALIANO!

U Campanin Russu, al pari delle altre associazioni che fanno parte della Consulta Ligure, si batte da anni per difendere e, se possibile, rilanciare il dialetto ligure, da considerarsi come una vera e propria lingua. Vi sono stati convegni, tavole rotonde, pubblicazioni varie, interventi nelle scuole di diversi gradi, per recuperare, attraverso la parlata ligure, anche usi e tradizioni legate a questa antica ed essenziale espressione verbale, che per un imperdonabile errore e leggerezza è stata abbandonata e tradita ormai da qualche generazione (colpa della famiglia, ingannata da false e stupide informazioni che asserivano essere di ostacolo nell’apprendimento a scuola). La battaglia è tuttora in corso, ma ci stiamo rendendo conto che dobbiamo anche affrontare un altro, gravoso compito, quello di difendere la lingua italiana, minata da continue e crescenti scorribande di termini perlopiù inglesi, che si insinuano pericolosamente nella nostra stessa cultura, madre di una civiltà millenaria. Parole come “Election day”, “Location”, “Welfare”, “Week end”, “New entry”, scodellate dai mass-media (locuzione metà inglese “mass” e metà latina “media” mezzi di comunicazione), scritte sui giornali o dette alla radio e alla TV, spesso da politici ignoranti che si beano di questi termini appresi pappagallescamente e dei quali si fregiano per esibire una cultura inesistente, avviliscono la nostra stessa scuola, dove gli insegnanti sono tenuti a difendere i sacri padri Dante, Petrarca e via dicendo. Smettiamola, una volta per sempre, di usare parole che non ci appartengono e ritroviamo la dignità delle nostre illustri origini, ricordandoci che molti termini oggi di moda arrivano dal latino e vengono gabellati come inglesi: es.”Lapis = pietra, da impasto di grafite”, “Idem” uguale” “Ictus = colpo, percossa”(Una volta, quando uno moriva improvvisamente, si diceva “gli è venuto un colpo…Nel linguaggio musicale “ictus” è l’accento d’una battuta”). “Monitor” è un altro vocabolo latino arrivato da noi con passaporto inglese e potremmo continuare ancora, ma ci fermiamo qui, sperando di aver gettato un sassolino nella piccionaia dell’ignoranza che ci perseguita ormai a spron battuto. E lo facciamo sullo spunto di un grande linguista, Cesare Marchi, oggi scomparso, e sul suo magnifico libro “Siamo tutti latinisti – Tutte le parole latine che usiamo senza saperlo”, Rizzoli Libri S.p.A. Milano, 1986-1992. Cercatelo, trovatelo, farà bene al nostro cammino per elevarci un poco di più sul mare della stupidità.

DOPPIO PREMIO DI POESIA A TRAVERSI

Doppio premio per Mario Traversi al concorso “A.E. Moriondo” di poesia dialettale e in lingua, organizzato dall’A.S.C.A.R. (Associazione Cattolica Artisti) di Genova, la cui premiazione si è svolta sabato 18 gennaio nella sala Quadrivium in piazza S. Marta, alla presenza delle Autorità e di un folto e partecipato pubblico. Per la sezione dialetto, Traversi si è infatti classificato primo con la poesia “Man in ta man”, mentre, per la sezione in lingua, ha ottenuto un premio speciale per “E tu donna”. Entrambe le poesie riflettono, pur in modo diverso, il mondo della donna e dell’affettività vera e sincera che supera ostacoli spesso di grave disagio morale e fisico..

L'ADDIO A LORENZO NARIZZANO

Era stato Vigile Urbano e poi impiegato in Comune, speaker di Televazze in numerose manifestazioni, quali processioni, interviste, ecc, segretario de U Campanin Russu negli anni ’70, al risorgere dell’associazione dopo un lungo periodo di stasi, nonché prezioso collaboratore del dott. Giuseppe Massone nella divulgazione degli studi sulla Sacra Sindone, svolti dal compianto professionista e illustrati tanto alla TV che in varie conferenze. Così ricordiamo Lorenzo Narizzano, un nostro amico e concittadino che lascia un buon ricordo di se e merita un doveroso omaggio per l’impegno speso nel lavoro e in molteplici altre attività di carattere sociale. Le nostre sincere condoglianze al fratello Tito.

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